Mi trovo a scegliere un tema per festeggiare le donne, ma allo stesso tempo credo io non le voglia festeggiare. Non le vorrei esaltare, ne celebrare, ne glorificare, nemmeno osannare o nobilitare. Quest'anno ho creduto di dover parlare della fragilità che porta sempre con sé un grandioso slancio: il cambiamento, la creatività, la sana follia.
Voglio parlarvi del "Canto alla nudità" di Antonia Pozzi che si mostra vera e nuda, ipersensibile e filosofica, e di due ragazze del "fatto a mano".
Le "Type" stampano pezzi unici frutto di un lavoro completamente manuale svolto con vecchi attrezzi tipografici oramai in disuso. Ogni copia dei loro lavori è unica, Ogni copia è diversa.
Buona lettura,
Giovanna
"Canto della mia nudità"
GUARDAMI : SONO NUDA.
Dall’inquieto languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color d’avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.
Antonia Pozzi
Milano, 13 febbraio 1912
Milano, 3 dicembre 1938
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